DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

AD ALUNNI ED EX-ALUNNI DELL’ALMO COLLEGIO CAPRANICA

Venerdì, 21 gennaio 1983

Signori Cardinali,
Venerati fratelli nell’Episcopato,
Cari ex alunni e alunni dell’Almo Collegio Capranica.

  1. Col più vivo affetto, accolgo oggi l’intera Famiglia capranicense, che nella festa della sua Patrona, sant’Agnese, ha voluto incontrarsi col successore di Pietro, per approfondire i motivi ideali della propria identità e unità, e suscitare così nel cuore di ciascuno rinnovati propositi di una testimonianza sacerdotale sempre più limpida, qualificata, gioiosa.

Desidero, anzitutto, dirigere il mio riconoscente saluto al Signor Cardinale Sebastiano Baggio, Presidente della Commissione episcopale del Collegio, le cui elevate parole ho ascoltato con particolare attenzione, mentre rivolgo a tutti voi il mio cordiale benvenuto, con particolare riguardo per i venerati Pastori che condividono più da vicino col Vicario di Cristo le responsabilità della Chiesa universale.

  1. Sono diversi e segnalati i motivi che rendono più solenne, quest’anno, la vostra tradizionale festa di famiglia. Se da una parte è vostra intenzione restituire la mia visita del 21 gennaio 1980, avete in animo, dall’altra, di esprimere riconoscenza per la recente approvazione dei nuovi Statuti, avvenuta proprio nell’anno centenario della nascita di Monsignor Cesare Federici, che per quasi mezzo secolo ha svolto nel Collegio una responsabile opera formativa, da ogni parte tanto apprezzata, alla quale è coscientemente debitrice la maggior parte degli ex alunni. Il vostro solenne convegno odierno rinvia come ad unico riscontro, in questo secolo, a quello straordinario del 1957, in occasione dell’inaugurazione della restaurata sede del Collegio, incontro esaltato in maniera, insolita per quegli anni, dalla visita del mio grande predecessore Pio XII, vostro amato e venerato ex alunno.

A seguito del Concilio Vaticano II, si è aperto per il vostro Collegio un terzo periodo di storia, il quale, in continuità con i due precedenti che potremmo chiamare pre-tridentino e tridentino, intende incarnare, mediante l’ausilio normativo e pedagogico del nuovo Statuto, le istanze pastorali della Chiesa post-conciliare.

Lo Statuto pone in particolare risalto l’unità tra ex alunni ed alunni, i quali – come afferma l’articolo 28 – formano insieme “la Famiglia capranicense che, nel vincolo della fede e della carità, è animata da un medesimo spirito di amore alla Chiesa e di amicizia scambievole”. All’intera Famiglia viene affidato dallo Statuto l’impegno di “procurare il maggior bene del Collegio” (Statuto, art. 29). Nell’indicare, poi, gli ex alunni, la nuova “magna charta” del vostro Istituto non ha presenti soltanto i Presuli e i Sacerdoti che rendono il loro benemerito servizio pastorale nella Curia e nella diocesi di Roma, nelle Chiese locali e nelle missioni; ma anche quanti hanno abbracciato lo stato religioso e i laici che hanno optato per l’impegno secolare nella famiglia e nella professione, offrendo spesso un encomiabile attestato di vita cristiana e di presenza ecclesiale.

E quindi all’intera Famiglia capranicense, così nobilmente articolata, che intendo rivolgere una parola di esortazione, affinché la tradizione di fraternità, sempre onorata nell’Almo Collegio, sia approfondita e resa ancor più esemplare da vincoli di comunione cristiana e sacerdotale.

  1. Ogni vita cristiana è radicata in Dio Uno e Trino, che nell’Unità della natura e nella Trinità delle Persone è pienezza di comunione. Il Verbo Incarnato, mediante la Grazia, ci eleva alla partecipazione della vita divina, così che la comunione profonda della Santissima Trinità entra nelle nostre vite e diventa il modello esemplare e come la sorgente alimentatrice della comunione che deve stabilirsi tra gli uomini (cf. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III/1 [1980], pp. 119 e 1398).

È in virtù del Battesimo che questa comunione trinitaria viene partecipata agli uomini (cf. 2 Pt 1, 4), entrando così nella loro storia, rendendosi visibile, come già in Gesù Capo del Corpo Mistico (1 Cor 1, 9), in ciascun membro di esso (cf. 1 Cor 12, 12-27; Gv 15, 1-17) e quindi nella comunità dei battezzati, nella Chiesa, città che si costruisce in terra e che ha già il suo fondamento in cielo. L’Ordine sacro, poi, costituisce una partecipazione unica alla missione sacerdotale, regale e profetica di Cristo, conferendo specifiche potestà sul suo Corpo Eucaristico e Mistico, per cui quanti ne sono stati investiti sono tra loro collegati da identici, reciproci rapporti di singolare fraternità con Cristo medesimo e fa se stessi.

Questi cenni di una dottrina largamente trattata nei Documenti conciliari e già approfondita nella memorabile lettera enciclica Mistici corporis del Papa Pio XII, siano sufficienti per rianimare e perfezionare una vita di comunione seminaristica e sacerdotale, oggi ancor più attesa come segno di autenticità evangelica e come invito alla fede (cf. Gv 17, 21-23). Da queste poche linee maestre si possono trarre alcune conclusioni circa le essenziali esigenze e condizioni della vita in comunione: la quale, perché fondata in Dio è soprannaturale; perché fondata in Dio Trino è gerarchica.

Prima esigenza quindi della vita di comunione è la preghiera, mediante la quale entriamo in contatto con Dio, fonte di ogni desiderata ed implorata unità. Altra esigenza irrinunciabile è il rispetto della Verità rivelata, garantita dal Magistero ecclesiastico, perché se la carità, “vis unitiva”, è il cemento dell’unità, la Verità ne è il fondamento. Senza l’unione delle menti in una comune visione della realtà e degli ideali, è destinato a fallire ogni slancio dei cuori. “Veritatem facientes in caritate” (Ef 4, 15): così soltanto si realizza la comunione e in essa si cresce. Terza condizione necessaria è la pratica delle virtù mediante le quali soltanto si realizza l’esercizio della carità, e in particolare la pratica dell’ubbidienza, concreto riconoscimento di quell’ordine gerarchico sopra accennato; e dell’umiltà, senza la quale non può esistere l’amore.

  1. Nella prospettiva così brevemente delineata si deve inquadrare la formazione del vostro Collegio, come di qualunque altro Seminario. La vita comunitaria, infatti, non è soltanto lo spazio entro il quale si realizza la formazione spirituale, intellettuale e pastorale dei candidati al Presbiterato, ma è l’anima e la forza vitale dello stesso metodo educativo. I singoli traguardi della formazione sarebbero raggiungibili probabilmente anche senza la vita in comune; essa, invece, è essenzialmente richiesta dal Concilio Vaticano II per la preparazione dei Presbiteri, in quanto devono compiere un periodo di esperienza di comunità-Chiesa, di “comunità ecclesiale educativa” – come si esprime il vostro Statuto (Statuto, art. 3) – per essere in grado domani di suscitare e di animare, con responsabilità, comunità ecclesiali di ogni ordine e grado. La comunità del Collegio o del Seminario ha cioè il suo senso compiuto solo se è valido strumento educativo di più larga comunione ecclesiale.

Nel senso ora illustrato, il riconoscimento e l’ubbidienza all’autorità si manifestano necessari tanto quanto l’assunzione solidale e graduale di responsabilità da parte dei singoli membri, in vista della crescita della comunità stessa. Così il rapporto personale, l’amicizia, l’esercizio del dialogo e della fraternità, non sono soltanto lodevoli comportamenti, ma dinamismi insopprimibili, esigenze vitali della comunione (cf. Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, 1970, n. 24, et Optatam Totius, 11). Secondo questi orientamenti operò Monsignor Federici, esimia figura di educatore.

Cari alunni del Collegio Capranica, vivete intensamente la vita di comunità, di fraternità, “di famiglia” – come si suol dire tra Capranicensi – nella consapevolezza dei motivi soprannaturali che la fondano e per prepararvi ad esercitare domani le vostre responsabilità sacerdotali.

  1. Rivolgendomi ora agli ex alunni, intendo sottolineare brevemente che la formazione del Collegio è anzitutto indirizzata al futuro. La suddetta educazione comunitaria è finalizzata alla realizzazione della vita di comunità della parrocchia e della diocesi, attorno al proprio Vescovo, chiamato a fondare e a rappresentare anche visibilmente l’unità (cf. Presbyterorum Ordinis, 8). Inoltre, frutto rilevante dell’educazione impartita da un Collegio, consapevole di essere comunità-Chiesa, è anche la vita di comunione fra gli ex alunni stessi, che pur non facendo parte di una medesima Chiesa locale, mantengono tra loro una viva colleganza, basata sulla stessa vocazione e su di un identico impegno di ministero, ed insieme un rapporto di affetto e di amicizia per un vicendevole sostegno.

Cari ex alunni, siate vicini sempre agli alunni del Collegio, per offrire loro l’aiuto della vostra maturità, il conforto di una esperienza già vissuta, proponendovi di “procurare il maggior bene del Collegio “anche in segno e attestato di fedele gratitudine.

  1. Un altro elemento fondamentale che si inserisce nella tradizione formativa del Collegio Capranica e che ha rilievo nel nuovo Statuto è la “romanità”, intesa come particolare spirito di comunione col successore di Pietro, Capo Visibile della Chiesa di Cristo, mediante unità di fede e di carità, le quali si traducono in atteggiamenti di convinta obbedienza e di docile disciplina. Non esiste comunione ecclesiale se non con questi requisiti.

È vero che per ogni candidato all’Ordine Sacro non può mancare una formazione alla “romanità”; tuttavia, essa vive e fermenta in Roma con uno slancio irripetibile anche in virtù di una tradizione secolare propria del più antico Collegio ecclesiastico dell’Urbe. Non si tratta soltanto di riferirsi al Papa, come a punto di orientamento, punto sicuro a cui si guarda; ma anche come a punto da cui si guarda. L’alunno di un Istituto romano è sospinto ad aprirsi alle linee del discernimento proprio del servizio pastorale del Papa, fonte e base di unità per la Chiesa universale. In Roma le diversità della cattolicità convergono verso il suo baricentro e salvano la propria indistruttibile ricchezza nella luce vitale dell’unità garantita dalla Sede di Pietro (cf. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III/1 [1980] 418; Ivi III/2 [1980] 869).

Non si deve inoltre dimenticare che il Collegio Capranica è uno dei Seminari romani che “offre il suo servizio particolarmente alla diocesi di Roma” (Statuto, art. 5), come è sottolineato nello Statuto ed è confermato dalla presenza del Cardinale Vicario, cui dirigo il mio cordiale pensiero. Cresca in voi, cari alunni, il vero amore al successore di Pietro, facendo vostro il suo sguardo universale e cattolico; continuino gli ex alunni a percorrere il cammino dei predecessori col senso di quella comunione ecclesiale che è romana. Maria santissima, immagine e Madre della Chiesa, animi e renda autentica la vostra vita di comunione nel Collegio e tra tutti i membri della Famiglia Capranicense, compresi i laici, per i quali imploro dal Signore una particolare assistenza, fonte di gioia per essi e per le loro famiglie.

All’intercessione di sant’Agnese, vergine-martire romana, che ha protetto per secoli il Collegio, affido l’auspicio che il nuovo Statuto sia valido mezzo di una formazione esigente e aggiornata, a cui presiedono con l’impegno il Rettore e i suoi più vicini collaboratori.

A conferma della mia affettuosa benevolenza, imparto alla grande Famiglia Capranicense, con particolare menzione per i membri della Commissione episcopale, la mia benedizione apostolica.