Venerabile p. Paolo Cappelloni, SJ

Paolo Cappelloni nacque a Roma nel 1776. All’età di diciassette anni entrò nell’Almo Collegio Capranica come alunno pro Regione Pontis, compiendovi gli studi filosofici e teologici. Nell’ambiente capranicense maturò un’intensa vita spirituale che lo portò ad abbracciare la vita religiosa, entrando, verso il 1814, nella Compagnia di Gesù appena ricostituita in seguito alla soppressione del 1773. Come prima tappa del suo ministero venne inviato nella città di Ferentino dove, attraverso la predicazione e la direzione spirituale, dette prova di capacità tali che lo resero celebre in tutta Italia.

A Ferentino incontrò la romana Maria Teresa Spinelli (1789-1850), che sarebbe diventata una delle sue prime figlie spirituali e fondatrice delle Suore Agostiniane Serve di Gesù e Maria. Il fecondo apostolato ferentinate di padre Cappelloni spinse i superiori della Compagnia a trasferirlo nella città di Napoli. L’attaccamento della popolazione lo costrinse a partire nottetempo alla volta della Campania per evitare eccessive manifestazioni di affetto e disordini. A Napoli svolse il suo ministero presso la chiesa del Gesù Nuovo, diventando ben presto un punto di riferimento per molte anime, tra cui la Serva di Dio Maria Carolina Onorio de Vivo (1805-1885). Padre Cappelloni morì santamente a Napoli il 14 ottobre 1857. Sepolto nella cappella di San Ciro della chiesa del Gesù Nuovo di Napoli, il processo per la causa di beatificazione è stato introdotto il 22 giugno 1909.

 Servo di Dio                 mons. Adriano Zecchini 

Adriano Zecchini nacque a Roma il 26 agosto 1850, da Angelo e Luisa Montesanti, e il 1° settembre 1850 ricevette il Battesimo nella chiesa di San Marcello al Corso. Dopo aver frequentato i primi studi al Collegio Romano, il 15 novembre 1862 fu ammesso all’Almo Collegio Capranica come convittore. Il 1° novembre 1866 divenne alunno su presentazione del cardinale Lodovico Altieri, Protettore del Collegio. Durante gli anni di formazione capranicense poté coltivare le sue doti di interiorità e di pietà, dando mostra di grande dedizione nello studio e di notevole capacità di giudizio, che pose a servizio della comunità in varie mansioni.

Il 12 aprile 1873 fu ordinato sacerdote per la Diocesi di Roma dal cardinale Costantino Patrizi Naro e l’anno successivo lasciò il Capranica per divenire Maestro di Camera del cardinale Giacomo Antonelli, Segretario di Stato di Pio IX. Nel 1876, alla morte dell’Antonelli, il cardinal Giovanni Simeoni non solo lo confermò nel suo incarico, ma lo scelse come suo segretario particolare, e dopo la sua nomina a Prefetto della Congregazione de Propaganda Fide, lo inserì in quel dicastero come Officiale. Nominato Cappellano Segreto da Leone XIII, nel 1911 Pio X lo nominò Sottosegretario di Propaganda. Secondo il cardinale Laurenzi, la sua presenza nel dicastero risultò fondamentale: «fu una stella di prima grandezza in mezzo a tanti altri sacerdoti che vi rifulsero: a don Adriano ricorrevano Cardinali di mente elevata, Vescovi di grande cuore, quando si trattava di consigliarsi per delle perplessità, difficili a risolversi intorno all’opera delle lontane Missioni. “Sentiamo Don Adriano”, si diceva e gli stessi Eminentissimi ascoltavano il consiglio del povero prete». Egli seppe unire in modo esemplare il delicato lavoro a servizio della Santa Sede a un intenso ministero sacerdotale, in particolare come confessore in varie chiese di Roma (S. Lorenzo in Lucina, S. Rocco, S. Vitale), in 14 monasteri, al Collegio Capranica e a sant’Apollinare.

Alla sua morte, avvenuta a Roma il 16 gennaio 1921 in seguito a una grave polmonite, l’Osservatore Romano tratteggiava in modo efficace la sua personalità con queste parole (17-18.1.1921, p.3): «L’uomo di molta virtù, veneratissimo in Roma, spese tutta la sua vita nel ministero del confessionale con rara dolcezza, prudenza, amabilità. Era pure caritatevolissimo. Già malato volle ancor a portarsi all’ufficio. Fu obbligato dai superiori a tornare a casa e mettersi a letto». Il cardinale Camillo Laurenti, nell’elogio funebre, così ne ricordava la presenza in Collegio: «Fu chiamato “il Santo” (con suo grande rammarico) dai fanciulli del Collegio Capranica quando egli era ancora loro prefetto ed io pure ero tra questi fanciulli. La loro parola, pronunciata da labbra innocenti, fu una profezia poiché ora questa parola è su tutte le bocche, è nel cuore di quanti ebbero la fortuna di conoscerlo».

Venerabile p. Nazareno Santolini, CP

Nazareno Santolini nacque a Caldarola (Mc) il 23 ottobre 1859 dal dottor Domenico e da Filomena Gualdi. Dotato di una straordinaria intelligenza e di un carattere vivace, all’età di 12 anni fu ammesso come convittore all’Almo Collegio Capranica, dove già si trovava suo fratello Nicola.

Durante una gita coi compagni capranicensi a Montecavo (Rm), dove era situata una casa dei Passionisti, rimase colpito dall’incontro con quei religiosi. Dopo mesi di discernimento, nell’estate 1881 decise di lasciare il cammino verso il sacerdozio secolare per richiedere l’ammissione nella Congregazione della Passione, di cui rivestì l’abito il 18 novembre dello stesso anno.

Il Rettore del Collegio, monsignor Alfonso Carinci, lo accompagnò con questa presentazione: «Per quello che riguarda la probità dei costumi, la disciplina del collegio e la pietà verso Dio, il suo comportamento fu tale da rendersi agli altri un modello singolare» (Cit. in F. Ciomei, Nazareno Santolini).

Ai Passionisti richiese insistentemente di poter diventare fratello laico, ma il Beato Bernardo Silvestrelli, superiore generale, fu irremovibile e volle che fosse chierico. Il 19 settembre 1882 emise la Professione dei voti e il 10 marzo 1883 fu ordinato sacerdote. Nel 1885 fu trasferito al convento della Scala Santa a Roma, come assistente spirituale degli studenti passionisti.

A trentatré anni fu eletto Maestro dei novizi, incarico che mantenne per 29 anni, formando con grande capacità circa 439 religiosi. Egli rimane nella storia passionista come “il Maestro”, perché ritenuto un illustre modello di formatore secondo la Regola di san Paolo della Croce, fonte e ispirazione del suo agire e del suo insegnamento.

Morì santamente il 4 gennaio 1930 presso il convento di S. Giuseppe al Monte Argentario (Gr). È stato riconosciuto Venerabile il 7 settembre 1989 per decreto di san Giovanni Paolo II.

Venerabile papa Pio XII

Eugenio Maria Giuseppe Giovanni Pacelli dei Principi di Acquapendente nacque a Roma il 2 marzo 1876, terzogenito dall’avvocato Filippo e di Virginia Graziosi. Fu all’Almo Collegio Capranica per meno di un anno, essendo stato ammesso come convittore il 31 ottobre 1894 e uscendone, per la salute cagionevole, il 31 luglio 1895. Iniziato il corso di filosofia alla Pontificia Università Gregoriana, si laureò in teologia e in utroque iure presso il Pontificio Ateneo del Seminario Romano di Sant’Apollinare. Il 2 aprile 1899, Domenica di Pasqua, nella cappella di famiglia fu ordinato sacerdote per la Diocesi di Roma dall’Arcivescovo vicegerente Francesco di Paola Cassetta.

Nel 1901 entrò al servizio della Santa Sede nella Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari, di cui fu prima sottosegretario (1911-14) e poi segretario (1914-17). Insegnò diritto canonico all’Ateneo del Seminario Romano e all’Accademia dei Nobili Ecclesiastici. Assolse varie missioni in Germania, in particolare a Monaco nel 1919 e nel 1920 fu nominato primo nunzio apostolico a Berlino. In tale veste preparò e concluse concordati con la Baviera (1925), con la Prussia (1929) e con il Baden (1932).

Creato cardinale nel dicembre 1929, il 9 febbraio 1930 successe al cardinal Pietro Gasparri come Segretario di Stato, divenendo così il più stretto collaboratore di Pio XI, che rappresentò in viaggi ufficiali in Europa e in America. Fu eletto al Sacro Soglio il 2 marzo 1939.

Levò la sua voce ad ammonire i governi, nel pericolo imminente della Seconda Guerra Mondiale (allocuzione del 3 marzo 1939, appello del 21 agosto e nota diplomatica del 31 agosto) e con la sua prima enciclica, Summi pontificatus (20 ottobre), volle indicare i modi e i fini di una pacifica convivenza tra i popoli. Intervenne per evitare l’estensione del conflitto e specialmente la partecipazione dell’Italia alla guerra, rivolgendosi prima a Vittorio Emanuele III (visita al Quirinale, 28 dicembre) e successivamente con una lettera autografa a Mussolini (24 aprile 1940). Nei confronti della Germania, dove continuavano le vessazioni contro la Chiesa, Pio XII cercò con proteste, appelli e note diplomatiche di migliorare le relazioni, senza riuscirvi. Nello stesso tempo il Sant’Uffizio condannò alcune aberrazioni della teoria e della pratica del Nazismo: in modo particolare furono denunciate l’eutanasia, attuata per sopprimere coloro che il regime considerava «non meritevoli di vita» (2 dicembre 1940), e la sterilizzazione coatta (23 febbraio 1941).

Un’opera importante di assistenza alle popolazioni in guerra fu quella voluta da Pacelli con l’organizzazione di un ufficio della Segreteria di Stato per raccogliere informazioni sui prigionieri e i dispersi che trattò più di dieci milioni di casi. A Roma, il suo intervento per farla riconoscere «città aperta» non riuscì a evitare i bombardamenti, valse però a impedire che la città divenisse campo di battaglia fra due eserciti; per questo Pio XII fu acclamato il 5 giugno 1944 da un’immensa folla in San Pietro defensor civitatis. Le modalità pontificie di denuncia della persecuzione nazista contro gli Ebrei (generalmente aiutati e protetti dalla Chiesa e, a Roma, dalle istituzioni della Santa Sede) furono considerate, nel Secondo Dopoguerra, per lo più insufficienti e scatenarono critiche e accuse, spesso infondate, nei confronti dell’operato di papa Pacelli.

Per alleviare le sofferenze derivanti dalle distruzioni della guerra, Pio XII volle l’istituzione Pontificia Commissione di Assistenza, che si occupò di profughi e reduci e realizzò una vasta azione di soccorso caritativo e sociale. Nei riguardi della Russia comunista egli aveva previsto i pericoli della sua espansione e della persecuzione contro la Chiesa (si veda la corrispondenza con F. D. Roosevelt, pubblicata già nel 1947), e ne aveva combattuto l’ideologia (fin dal radiomessaggio natalizio del 1942), scoraggiando anche le organizzazioni che a essa si ispiravano in altri Paesi. Il 1º luglio 1949 il Sant’Uffizio condannò il Comunismo marxista, comminando la scomunica ai suoi sostenitori. Papa Pacelli insistette più volte sul dovere dei Cattolici di dare il voto a persone sicure in merito alla retta dottrina.

In campo sociale, il papa ribadì le posizioni dei suoi predecessori: dovere e diritto al lavoro scaturenti dalla natura umana (radiomessaggio natalizio 1941), umanizzazione dei rapporti fra lavoratori e imprenditori, affermazione della proprietà privata, estesa a tutti, come pietra angolare dell’ordine economico e sociale (messaggio natalizio, 1942; radiomessaggio, 1º settembre 1944), insistendo anche sulla necessità di un’attuazione graduale, non rivoluzionaria, di questi principi (discorso del 13 giugno 1943).

Pio XII rivolse inoltre una particolare attenzione alle questioni morali concernenti il matrimonio e la famiglia, alle quali dedicò molti discorsi (fra i più significativi, quello alle ostetriche del 29 ottobre 1951). In ambito teologico, prese importanti posizioni su diverse questioni e pubblicò numerosi documenti: tra questi sono da ricordare le encicliche Mystici corporis sulla natura della Chiesa, Divino afflante Spiritu per lo sviluppo degli studi biblici, Mediator Dei sulla liturgia, Humani generis per la condanna di alcuni orientamenti teologici e, nell’Anno Santo 1950, la costituzione apostolica Munificentissimus Deus per la proclamazione del dogma dell’Assunzione al cielo della Beata Vergine Maria. In due concistori (tenuti il 18 febbraio 1946 e il 12 gennaio 1953) creò 56 cardinali, dando un primo notevole impulso all’internazionalizzazione del collegio cardinalizio. Sotto il suo pontificato furono avviati gli scavi sotto la Confessione di San Pietro per l’identificazione del sepolcro dell’Apostolo.

Inoltre, tra gli anni 1953 e 1955, provvide ai lavori di ristrutturazione dell’Almo Collegio Capranica, visitandolo ufficialmente il 21 gennaio 1957, cinquecentenario della fondazione. Morì a Castel Gandolfo (Rm) il 9 ottobre 1958. Nel 1967 è stato aperto da san Paolo VI il processo per la causa di beatificazione. È stato proclamato Servo di Dio nel 1990 da san Giovanni Paolo II e nel 2009 Benedetto XVI ha promulgato il decreto di attestazione delle virtù eroiche, concedendogli il titolo di Venerabile e affidando la postulazione per la causa di beatificazione alla Compagnia di Gesù.

Servo di Dio mons. Giuseppe De Piro D’Amico, MSSP

Giuseppe dei Marchesi De Piro D’Amico, Baroni di Budacco, nacque il 2 novembre 1877 a La Notabile (Mdina), sull’isola di Malta, settimo dei nove figli di Alessandro e Orsola Agius Caruana. Ricevuta privatamente la formazione primaria, fu poi iscritto al Liceo de La Valletta, dove dette prova di una spiccata vena artistica, applicandosi in particolare nella pittura. Tra il 1894 e il 1898, fu studente delle facoltà di Arti e Scienze e di Legge presso la Regia Università Maltese, ma senza conseguirne i titoli. Fu proprio durante un momento di preghiera coi colleghi di facoltà che percepì la vocazione allo stato sacerdotale.
Il 5 settembre 1898 fu quindi ammesso all’Almo Collegio Capranica per la diocesi di Malta e iniziò gli studi filosofici e teologici presso la Pontificia Università Gregoriana.
Lasciò il Collegio il 23 luglio 1902, essendo stato ordinato sacerdote il 15 marzo precedente. La salute cagionevole costrinse i suoi superiori a inviarlo in Svizzera, presso il Sanatorio di Davos, dove iniziò a progettare la fondazione di una Società missionaria.
Nel 1904 tornò in patria dove gli furono affidate le prime cure pastorali nella zona di Crendi (Qrendi), dove i marchesi De Piro D’Amico avevano una villa di campagna. Nei primi anni del suo ministero fu impegnato in diversi incarichi, tra cui la direzione di alcuni orfanotrofi a partire dal 1907, la dignità di Canonico del Capitolo Metropolitano dal 1911, e dal 1915 l’impiego come segretario privato dell’Arcivescovo Mauro Caruana,
OSB.
Il 30 giugno 1910, accogliendone i primi due membri, fondò la Società Missionaria di San Paolo per le missioni di evangelizzazione e l’assistenza ai migranti maltesi. Nonostante i molti incarichi, egli non cessò né di curare la sua fondazione missionaria fin dai timidi e difficoltosi albori, né di sottrarsi dagli impegni diocesani che gli venivano affidati. Fu membro dell’Assemblea costituente maltese tra il 1918 e il 1921, Rettore del Seminario Maggiore tra il 1918 e il 1920, Decano del Capitolo Metropolitano dal 1920. Il suo ruolo fu determinante nel ricomporre le tensioni tra la popolazione maltese e le autorità britanniche e nella gestione della crisi tra la gerarchia ecclesiastica e il Primo Ministro Gerald Strickland. Nel 1932 fu nominato senatore del Parlamento Maltese.
Lavoratore instancabile, virtuoso maestro per i primi missionari della Società da lui fondata, esempio eccezionale per il clero e il popolo maltese che non cessò mai di servire, rifulse per la sua sapienza nella predicazione, testimoniò un profondo spirito di
orazione ed eccelse in quelle qualità umane di cui le autorità ecclesiastiche e civili vollero sempre approfittare. Il 17 settembre 1933, mentre recitava le preghiere prima di impartire la benedizione col Santissimo Sacramento, collassò improvvisamente nella
chiesa di Casale San Giuseppe (Hamrum), dove stava sostituendo il parroco, e morì dopo poche ore nel locale Ospedale Civico.
La fase diocesana del processo per la causa di beatificazione, aperta nel 1988, si è conclusa il 25 gennaio 2004.

Venerabile  can. Pasquale Uva

Gli ammalati sono i rappresentanti di Gesù Cristo, al quale ho giurato di servirli come Lui stesso”

Pasquale Uva nacque a Bisceglie (Ba) il 10 agosto 1883 in una modesta famiglia contadina. Compì gli studi ginnasiali e liceali nei seminari di Bisceglie e Benevento. Il 26 ottobre 1904 fu ammesso all’Almo Collegio Capranica per compiere gli studi teologici e la specializzazione in diritto canonico presso la Pontificia Università Gregoriana. Fu ordinato sacerdote il 15 agosto del 1906. In una sera d’inverno dello stesso anno, sorpreso da una pioggia torrenziale, trovò riparo in una rivendita di libri usati dove acquistò una biografia di san Giuseppe Benedetto Cottolengo; la lettura agiografica e la visita all’opera del santo a Torino gli ispirarono un forte desiderio di costituire una struttura per l’accoglienza dei minorati psichici nelle regioni del Mezzogiorno.

Il 10 agosto 1922, con l’aiuto di alcune catechiste, don Pasquale cominciò ad accogliere un gruppo di epilettici, paralitici e disadattati in alcuni locali adiacenti alla parrocchia di sant’Agostino in Bisceglie, ove svolgeva il suo ministero pastorale, dando vita alla Casa della Divina Provvidenza. Nel medesimo tempo le stesse catechiste si raccoglievano in comunità formando la Congregazione delle Suore Ancelle della Divina Provvidenza. Nel 1933 l’assistenza venne estesa agli ammalati di mente con la fondazione dell’Ospedale Pediatrico di Bisceglie, a cui fecero seguito gli istituti psichiatrici di Foggia (1945), Guidonia e Potenza (1955).

In tempi nei quali i malati mentali venivano sottoposti a trattamenti disumani, don Uva volle che all’opera di carità si affiancasse un’assistenza umana e medica competente. In questa prospettiva egli può essere considerato a buon diritto un precursore della “riforma psichiatrica” del nostro paese.
Morì il 13 settembre 1955 all’età di 72 anni. La causa di beatificazione fu introdotta nella diocesi di Trani – Barletta – Bisceglie il 24 novembre 1985.

Il 10 maggio 2012 il Santo Padre Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto riguardante le virtù eroiche del Servo di Dio Pasquale Uva, dichiarandolo quindi Venerabile.

Don Ariodante Brandi

La vita di don Ariodante Brandi si intreccia, quasi profeticamente, con le tappe storiche della dottrina sociale della Chiesa. Nacque, infatti, a Roma, in una modesta famiglia di incisori, il 27 agosto 1883, otto anni prima che papa Leone XIII pubblicasse la Rerum novarum. Corrispose alla vocazione sacerdotale motivato dal desiderio di meglio consigliare, assistere e difendere gli umili, facendo sua la loro causa, in nome della vera carità cristiana. Si accorgeva, infatti, che quelle che potevano apparire soltanto legittime aspirazioni, in verità erano in perfetta armonia con i principi eterni del Vangelo. Entrò, grazie a una borsa di studio del Pio Istituto Catel, all’Almo Collegio Capranica il 1° maggio 1901).

Ordinato sacerdote per la Diocesi di Roma il 21 settembre 1907 dal cardinale Pietro Respighi, fu nominato viceparroco di san Lorenzo in Damaso. La sera dell’11 Marzo 1910, al termine di una conferenza dell’on. Giovanni Maria Longinotti sulla necessità di costruire leghe di mestiere ed opere sussidiarie d’assistenza per la difesa degli interessi di categoria e di tutela del sentimento religioso fra gli operai, vide tre spazzini che giocavano a Morra sotto un lampione. Costoro furono i primi tre soci dell’Unione Professionale fra i Netturbini Romani che si costituì, il giorno seguente all’incontro, presso la parrocchia di Piazza della Cancelleria. Nel giro di pochi mesi, nella Nettezza Urbana si andò formando un ambiente nuovo, che non aveva nulla a che vedere con quello precedente e di tale rinnovamento si ebbero riconoscimenti eloquenti da parte degli stessi avversari.

Nel 1913 fu nominato cappellano dell’Arciconfraternita di Santa Maria dell’Orazione e Morte in via Giulia, ove si impegnò nel pietoso recupero dei morti di campagna e nel loro trasporto, secondo l’antica regola del sodalizio, alla Morgue, che aveva sede presso la Basilica di San Bartolomeo all’Isola. A lui si deve anche la riapertura dell’Oratorio della Confraternita dei Sacconi Rossi all’isola Tiberina (1914), chiuso ormai da oltre un decennio. Durante il Fascismo costituì il Segretariato per l’Assistenza Sociale fra il personale della Nettezza Urbana (1926) che, su suggerimento del Cardinale Vicario e per un’intuizione mariana, nel 1934 divenne la Pia Opera Maria Ss.ma della Strada. Lo stesso anno l’Opera si insediò presso l’Oratorio del Gonfalone. D’allora l’assistenza e la benedizione della Madonna della Strada non mancarono mai a don Brandi che arrivò ad avere oltre seimila tesserati. Spazzini e autisti dell’ATAC, facchini dei mercati generali e accalappiacani, giardinieri comunali e, in un’occasione, novecento sottoufficiali di pubblica sicurezza (1936), trovarono sempre presso di lui assistenza e comprensione.

Nel marzo del 1944, fondò una cooperativa, sempre sotto la protezione della Madonna della Strada. Il fine era quello di elevare le condizioni morali ed economiche dei soci e di dare agli operai, attraverso la formazione di una salda coscienza cattolica, la consapevolezza della grande importanza che ha nel civile consorzio il loro lavoro. Attraverso quella stessa cooperativa negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale molte famiglie ebbero la possibilità di ottenere un alloggio dignitoso, generi di prima necessità, vestiario e mobilio, acquistandoli presso i due spacci del vicolo Cellini e di via Casilina Vecchia. Questi due spacci della Madonna della Strada costituirono una delle più originali iniziative che potesse vantare il movimento cooperativo romano.

Don Ariodante Brandi, l’apostolo dei netturbini, concluse il proprio pellegrinaggio terreno il 11 aprile 1963, Giovedì Santo e giorno in cui san Giovanni XXIII firmò la Pacem in terris. Le sue spoglie riposano presso il cimitero del Campo Verano, accomunato, nella morte e nella sepoltura, in quell’anonimato che caratterizza gli umili lavoratori suoi protetti.

Servo di Dio mons. Pirro Scavizzi

La mia vita è Cristo”

Pirro Scavizzi nacque a Gubbio (Pg) il 31 marzo 1884. Giunto a Roma, a quindici anni ascoltò i racconti di un missionario proveniente dalla Cina e sorse in lui il desiderio del ministero sacerdotale: «Mi entusiasmò il racconto del suo faticoso e pericoloso apostolato e decisi di essere sacerdote!». Fu ammesso all’Almo Collegio Capranica il 28 ottobre 1900 e fu ordinato sacerdote per la Diocesi di Roma da mons. Raffaele Virili nella cappella del Collegio il 7 luglio 1907.

Dal 1907 al 1915 fu viceparroco San Vitale e Compagni martiri in Fovea e poi, fino al 1932, parroco di Sant’Eustachio in Platana. Durante la sua vita terrena dimostrò una profonda aspirazione di configurarsi a Cristo. Ripeteva spesso: «La mia vita è Cristo». Cercò di vivere quotidianamente alla presenza di Dio facendo della sua vita, del suo sacerdozio e apostolato un atto di lode e gloria al Signore. Sperimentò con intensità la devozione a Gesù Crocifisso e l’amore alla Vergine Maria.

Don Scavizzi, divenuto missionario dell’Istituto Imperiali-Borromeo-Antonelli, trascorse la gran parte della sua vita sacerdotale predicando centinaia di missioni popolari nelle parrocchie romane e in molti piccoli paesi dell’Italia centrale. Apostolo entusiasta ed infaticabile, affascinava la gente con il carisma della sua avvincente predicazione e la sua testimonianza di vita. Egli prodigò inoltre le sue migliori energie nell’ascolto delle confessioni e nella direzione spirituale. Il suo confessionale era pressoché continuamente assediato da fedeli che sperimentavano la misericordia di Dio e la speranza della propria conversione.

Svolse anche il suo apostolato sui Treni Bianchi dell’UNITALSI, nei vari pellegrinaggi a Lourdes, Loreto e in Terra Santa. Sui treni era a completa disposizione degli ammalati, dispensando cristiana consolazione e speranza a tutti coloro che soffrivano. Fu cappellano militare in entrambe le Guerre Mondiali, prestando anche servizio a bordo dei treni-ospedale del Sovrano Militare Ordine di Malta. Predicatore illustre e instancabile, fu per pochi mesi direttore spirituale del Collegio capranicense, oltre che dell’UNITALSI, di cui fu anche cappellano capo fino alla morte, avvenuta a Roma il 9 settembre 1964. Le sue spoglie furono tumulate nella Basilica di Sant’Eustachio, sotto il pavimento della piccola cappella del Crocifisso.

La fase diocesana del processo per la causa di beatificazione è stata introdotta il 22 dicembre 1983 e il 21 febbraio 2020 il papa Francesco ha promulgato il decreto di eroicità delle virtù, dichiarandolo Venerabile.

Servo di Dio mons. Edward Joseph Flanagan

«I know when the idea of a boys’ home grew in my mind, I never thought anything remarkable about taking in all of the races and all of the creeds. To me, they are all God’s children. They are my brothers. They are children of God. I must protect them to the best of my ability»

Edward Joseph Flanagan nacque a Leabeg, nella contea di Roscommon (Irlanda) il 13 luglio 1886. Nel 1904 immigrò negli Stati Uniti e studiò dapprima presso l’Università Mount St. Mary (Maryland) e successivamente nel seminario di Dunwoodie (New York). Il 10 aprile 1907 fu ammesso all’Almo Collegio Capranica e intraprese gli studi presso la Pontificia Università Gregoriana. Dopo un breve soggiorno in Irlanda, nel 1909 si recò in Austria per proseguire gli studi teologici a Innsbruck.

Fu ordinato sacerdote il 26 luglio 1912 per la Diocesi di Omaha (Nebraska).

Nello stesso anno, nominato viceparroco della parrocchia di San Patrizio in O’Neil (Nebraska), iniziò ad occuparsi di alcuni ragazzi poveri del “midwest” americano.

Dopo averli presi in custodia legale, curò la loro sistemazione in una piccola casa nella città di Omaha. In seguito, la crescita degli affidamenti (più di 50 in soli sei mesi) lo costrinse a trasferirsi insieme ai ragazzi in un’abitazione più grande.

Nel 1921, con l’aiuto economico dei suoi parrocchiani, acquistò una fattoria vicina ad Omaha, la “Boys Town”. La piccola comunità crebbe in poco tempo, fino a diventare una delle più grandi case d’accoglienza per ragazzi degli Stati Uniti. Nel novembre 1937 fu nominato da Pio XI Prelato Domestico di Sua Santità e nel 1938 la Metro Goldwyn Mayer decise di fare un film sulla sua vita e opera. L’attore Spencer Tracy, che nella pellicola impersonò mons. Flanagan, ottenne un Oscar come migliore attore dell’anno e uno dei ragazzi dell’orfanotrofio, Mickey Rooney, dopo la sua apparizione nel film, iniziò un’importante carriera cinematografica.
Nel 1947, al termine della Seconda Guerra Mondiale, il Governo Americano chiese a mons. Flanagan di estendere il proprio servizio agli orfani nelle nazioni distrutte dalla guerra. Recatosi a questo scopo in Giappone, Corea e Germania, morì improvvisamente a Berlino il 15 maggio 1948. Pochi giorni prima della morte era stato in visita presso il Collegio capranicense. Il suo corpo è stato tumulato presso la Dowd Memorial Chapel della Parrocchia dell’Immacolata Concezione in Boys Town (Nebraska). Il 25 febbraio 2012 è stata introdotta la prima fase del processo per la causa di beatificazione presso l’Arcidiocesi di Omaha.

Servo di Dio mons. Nicola Riezzo

Nicola Riezzo nacque a Squinzano (LE) l’11 dicembre 1904, terzo dei sei figli di Giuseppe Pacifico e Oronza Renna, e fu battezzato il giorno successivo nella chiesa madre di San Nicola. Educato cristianamente dai genitori fin dalla prima infanzia, fu molto legato anche allo zio sacerdote, mons. Vincenzo Riezzo. Avendo completato gli studi ginnasiali presso l’Istituto Calasanzio dei Padri Scolopi presso Campi Salentina (LE), il 29 ottobre 1920 fu ammesso all’Almo Collegio Capranica e, negli anni successivi, conseguì i titoli filosofici e teologici presso la Pontificia Università Gregoriana. Il 29 giugno 1927 lasciò il Collegio capranicense, per ricevere, il 21 agosto successivo, presso la chiesa parrocchiale del suo paese natio, l’ordinazione presbiterale dal vescovo Gennaro Trama.
Dopo aver esercitato per lunghi anni la docenza di discipline filosofiche e teologiche presso i seminari di Lecce, Assisi e Molfetta, fu maestro intellettuale e guida spirituale di decine di chierici che nel corso dei decenni ne hanno apprezzato ed elogiato l’esemplarità umana e la pietà sacerdotale, oltre che il rigore accademico.
Il 25 marzo 1958, fu eletto Vescovo di Castellaneta (TA) e consacrato nella cattedrale di Lecce il 29 giugno dello stesso anno dal vescovo Francesco Minerva. Già nei primi anni di episcopato, dimostrandosi umile ma fermo, si fece apprezzare da clero e popolo per la saggezza umana, lo zelo apostolico e la santità di vita. Partecipò a tutte le sessioni del Concilio Ecumenico Vaticano II. Il 28 aprile 1969, fu promosso alla sede arcivescovile di Otranto, di cui fu l’ultimo metropolita: anche nella nuova sede, si dimostrò pastore solerte e instancabile, particolarmente dedito ai giovani e ai poveri ed esempio eccezionale di spirito di orazione e cura apostolica. Dal 1969 al 1974 fu anche Amministratore Apostolico sede vacante della diocesi di Ugento – Santa Maria di Leuca.
Il 27 gennaio 1981, sollevato dalla sede idruntina per raggiunti limiti di età, si ritirò nella natia Squinzano, dove si distinse ancora come modello di virtù umane, cristiane e sacerdotali. Aveva fatto professione dei consigli evangelici nell’Istituto Secolare Gesù
Sacerdote, affiliato alla Famiglia Paolina. Dopo le dimissioni, si prestò volentieri e con spirito di servizio all’assistenza spirituale e sacramentale del popolo di Squinzano, assistendo l’Arciprete e distinguendosi ancora per umiltà e amabilità fino alla morte, avvenuta il 20 agosto del 1998. Due giorni dopo furono celebrate le esequie, con eccezionale concorso di clero e di popolo, dall’Arcivescovo Cosmo Francesco Ruppi nella chiesa matrice di Squinzano, dove dal 2008 riposano anche le sue spoglie mortali.
La fase diocesana del processo per la causa di beatificazione, aperta il 27 giugno 2005, si è conclusa il 7 ottobre 2008.

Servo di Dio mons. Giuseppe Canovai

«Perché Signore mi attiri, mi chiami, mi attrai come in un risucchio irresistibile e violento e poi, oh mio Cristo, ti allontani e ti dilegui e mi lasci solo?»

Giuseppe Canovai nacque a Roma il 27 dicembre 1904. Fece il suo ingresso all’Almo Collegio Capranica nel 1928. Fu ordinato sacerdote il 3 maggio 1931 per la Diocesi di Roma. Nello stesso anno divenne minutante alla Sacra Congregazione dei Seminari ed assistente diocesano della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI).

Nel 1937 fondò, insieme Tommasina Alfieri, la Piccola Opera Regina Crucis, oggi conosciuta come Familia Christi, associazione privata di fedeli con lo scopo di promuovere la formazione dei laici alla vita interiore e all’apostolato.

Sempre nel 1937 mons. Canovai fu nominato uditore presso la Nunziatura Apostolica di Buenos Aires in Argentina.

Svolse una profonda vita di preghiera e penitenza e guidò numerosi esercizi spirituali e conferenze.

Morì per un’irreversibile e dolorosa peritonite l’11 novembre 1942 a Buenos Aires, assistito dal Nunzio mons. Giuseppe Fietta, da diversi confratelli e amici, offendo la sua breve vita per la Chiesa, per il Papa e per l’Opera. Il 14 febbraio 1994 fu concesso il nihil obstat per l’introduzione del processo per la causa di beatificazione. Nel maggio 2007 la Familia Christi è riuscita a ricondurre da Buenos Aires a Roma le sue spoglie mortali. Esse sono oggi provvisoriamente custodite dalla Postulazione francescana della Provincia Romana in attesa di una collocazione definitiva.

Beato mons. Luigi Novarese

«Il dolore nel pensiero di Cristo non è morte, ma vita, attività e conquista»

Luigi Novarese nacque a Casale Monferrato (Al) il 29 luglio 1914. A nove anni, dopo un’accidentale caduta, gli venne diagnosticata una coxite tubercolare alla gamba destra che lo costrinse a letto per vari anni. In seguito alla guarigione miracolosa avvenuta nel 1931, Luigi poté continuare i propri studi, desiderando esercitare la professione medica a servizio e sollievo delle situazioni di malattia da lui stesso sperimentate. La morte della madre lo condusse ad una scelta definitiva, scoprendo nella vocazione sacerdotale la via per offrire un sostegno più radicale e decisivo da offrire agli ammalati.
Dopo i primi studi nel seminario di Casale Monferrato, nel 1935 fu ammesso all’Almo Collegio Capranica e il 17 dicembre 1938 venne ordinato sacerdote nella Basilica Lateranense. L’anno successivo conseguì la Licenza in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e dal 1941 entrò a servizio della Segreteria di Stato presso l’Ufficio Informazioni Vaticano, in cui si raccoglievano notizie riguardanti i soldati impegnati in guerra e si mantenevano i contatti con le loro famiglie. Dal 1964 al 1977 diresse l’ufficio per l’assistenza spirituale ospedaliera della CEI.

L’apostolato di mons. Novarese era volto alla promozione globale delle persone sofferenti, nelle quali cercava di formare una mentalità evangelica in grado di valorizzare il loro dolore. Con questo fine diede vita alle fondazioni che, a vario livello, si proposero di promuovere il sostegno spirituale e umano dei malati.

Nel 1943 fondò la Lega Sacerdotale Mariana per sovvenire alle necessità dei sacerdoti ammalati o comunque bisognosi. Sulle medesime basi attuative l’attività apostolica si estese anche ai laici con il movimento dei Volontari della Sofferenza (1947), cui appartenevano persone ammalate. Nella fondazione si affermò con forza il pieno impegno battesimale della persona sofferente, non solo oggetto di assistenza, ma soggetto di azione con uno specifico apostolato da svolgere a beneficio della Chiesa e della società.

All’interno del movimento il fondatore avvertì in seguito la necessità di definire, col nome di Silenziosi Operai della Croce, un gruppo di persone che garantisse continuità all’opera assumendo ruoli direttivi, vivendo la radicalità della dedizione all’apostolato mediante la professione dei consigli evangelici e la consacrazione alla Vergine Immacolata. Tale gruppo iniziò a costituirsi nel maggio 1950 e venne giuridicamente riconosciuto nel 1960.
Nel 1952 il movimento si aprì ad un’altra sezione, i Fratelli degli Ammalati, fedeli laici che nell’esercizio della carità verso gli infermi e nella santificazione del lavoro condividevano l’apostolato dei Volontari della Sofferenza.

Mons. Novarese terminò la sua vita terrena a Rocca Priora (Rm) il 20 luglio 1984. La sua causa di beatificazione fu aperta nella Diocesi di Frascati il 17 dicembre 1989, per la postulazione dei Silenziosi Operai della Croce. Benedetto XVI ha firmato il 19 dicembre 2011 il decreto in cui si riconosce il miracolo ottenuto per intercessione del Venerabile Luigi Novarese e sabato 11 maggio 2013 è stato proclamato Beato nella Santa Messa celebrata dal cardinale Tarcisio Bertone, SDB nella Basilica di San Paolo fuori le Mura.

Servo di Dio mons. Enrico Bartoletti

«Io navigo nell’amore. Amore del Padre che per me ha dato il suo Figlio; per me dispone amorevolmente tutta la mia vita, ed ogni circostanza della mia giornata. Amore del Figlio che per me è morto, è risorto, per me intercede presso Dio. Amore dello Spirito che mi santifica. Non certo le cose esterne; solo la mia povera libertà ha questo formidabile potere di separarmi dalla carità di Cristo. Vivere nella confidenza e nel ringraziamento. Fedeltà, fedeltà, fedeltà»

Enrico Bartoletti nacque a San Donato di Calenzano (Fi) il 7 ottobre 1916. Nel 1927 entrò nel Seminario fiorentino di Cestello e, nel 1934, venne inviato a Roma come alunno dell’Almo Collegio Capranica. Conseguì prima la licenza in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana, e successivamente quella in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico. Il 23 luglio 1939 venne ordinato sacerdote per l’Arcidiocesi di Firenze dal Cardinale Elia Dalla Costa.

Nel 1943 fu nominato Rettore del Seminario minore di Montughi nel quale insegnò ebraico, greco biblico e introduzione generale alla Sacra Scrittura. A causa del suo aperto sostegno in favore degli Ebrei perseguitati l’8 dicembre 1943 venne arrestato e, successivamente, rilasciato dietro forti ammonimenti e minacce.
Nel 1955 divenne rettore del Seminario Maggiore di Firenze.

Il 29 giugno 1958 Pio XII nominò Bartoletti vescovo titolare di Mindo e ausiliare dell’Arcivescovo di Lucca Antonio Torrini. Il suo episcopato, contrassegnato da un forte impegno, si caratterizzò soprattutto per la promozione degli studi biblici e dell’Azione cattolica. Durate i lavori del Concilio Vaticano II fu notevole il suo apporto sul piano della riforma liturgica e catechetica.

Il 2 gennaio 1971, mons. Bartoletti venne nominato Arcivescovo coadiutore cum jure successionis di Lucca e, il 4 settembre 1972, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana. Per espletare i nuovi incarichi presso la CEI, si dimise dalla guida dell’Arcidiocesi lucchese nel marzo del 1973, appena due mesi dopo esserne diventato Arcivescovo titolare.

Come segretario della CEI stimolò in modo decisivo il cammino pastorale Evangelizzazione e Sacramenti, preparò il primo Convegno Ecclesiale Nazionale dal titolo “Evangelizzazione e promozione umana” che si svolse, dopo la sua morte, nel 1976. Sulla scia di quanto stabilito dal Concilio Ecumenico Vaticano II, incoraggiò la Chiesa italiana nella transizione «da una Chiesa di praticanti a una Chiesa di credenti, da un cristianesimo di tradizione (…) a un cristianesimo di convinzione e di testimonianza».

Per Bartoletti, la Parola di Dio, la preghiera liturgica, la vita della Chiesa e l’impegno nel mondo miravano a un unico scopo: alimentare la fede in Cristo Gesù e il rapporto personale con Lui vissuto nella dimensione quotidiana della carità.
Colpito da un infarto nella notte tra il 1° e il 2 marzo 1976, morì al Policlinico Gemelli di Roma, non ancora sessantenne, il successivo 5 marzo. La fase diocesana del processo per la causa di beatificazione, aperta a Lucca l’11 novembre 2007, si è conclusa il 9 ottobre 2016.